Quando nel 2019 uscì su Netflix la prima stagione di Sex Education, chiunque di noi rimase colpito dalla capacità che aveva di trattare un ampio ventaglio di temi, tutti con la giusta profondità: preferenze sessuali, aborto, masturbazione, identità di genere, bullismo, omosessualità; argomenti sui quali i media italiani tendono a tacere o a trattare con gravi deformazioni culturali.
Al giorno d’oggi, chiunque di noi ha sentito almeno una volta parlare di educazione sessuale. Quanti, però, possono affermare di averne realmente discusso?
All’interno delle scuole italiane l’educazione sessuale, intesa come tema principale di un corso di insegnamento, non risulta obbligatoria.
A partire da esempi come la proposta di legge di Giorgio Bini del 1975, sino alle ultime petizioni regionali avanzate in Toscana e nel Lazio, sono stati numerosi gli sforzi per rendere obbligatoria la materia all’interno degli istituti scolastici, con relativa stratificazione di metodologie e di argomenti in base all’età, ma nessuno di questi tentativi è mai riuscito a raggiungere l’obiettivo.
(Dis)educazione sessuale
Le motivazioni di tale insuccesso si perdono nei meandri della burocrazia, del bigottismo e dell’ipocrisia.
Se, all’interno del nostro Paese, la sessualità fosse vissuta come un tabù in qualsivoglia contesto, non avremmo problemi a comprendere la motivazione di una scelta del genere (e probabilmente non ce lo chiederemmo neppure), ma l’Italia ha fatto della sfera sessuale un potente strumento di comunicazione, un mezzo che oramai raggiunge la totalità della popolazione su tutti i fronti di età e con metodi sempre più vari.
La società attuale ha reso un’abitudine il quotidiano bombardamento di messaggi a sfondo sessuale, e se consapevolmente o meno accettiamo senza remore questo rito, allo stesso tempo accogliamo il fatto che l’educazione dei ragazzi su tali tematiche sia affidata quasi totalmente al caso.
Eccezion fatta per i percorsi extrascolastici condotti da figure sanitarie (periodicamente di difficile realizzazione, dato il progressivo depauperamento dei consultori, sommato all’ostruzionismo dei dirigenti scolastici), l’educazione sessuale viene pertanto lasciata nelle mani del libero arbitrio familiare.
Se dovessimo formulare un’ipotesi su questa base, quanti nuclei familiari italiani sarebbero in grado di educare il/la figlio/a su argomenti di spiccata delicatezza cristallina, senza apparire prolissi – impacciati – intimidatori – superficiali, ma mostrandosi competenti e professionali nella mediana tra genitore e professore?
Il problema contraccettivo
Oltre a quanto detto, risulta innegabile il ruolo che la religione detiene nel nostro Paese, colpevole di un indottrinamento dai contorni istigatori e sabotatori: ancora oggi è prassi comune che non vengano approfondite in maniera esausiva tematiche relative alla sessualità; ciò accade perchè la dottrina religiosa sostiene questa come un insieme di attività “sporche, peccaminose, offensive”, alimentando il pensiero che non parlarne possa far dimenticare che tali argomenti esistano e debbano essere affrontati.
Un’analisi contenuta nel Contraceptions Atlas 2019, che misura l’accesso alla contraccezione in 45 Stati dell’Europa geografica, mostra come l’Italia si posizioni al 26esimo posto con un tasso del 58%; un valore che la avvicina più a paesi come Turchia ed Ucraina e ben lontano da Francia, Gran Bretagna e Spagna.

Allo stato attuale, in Italia, la contraccezione è a pagamento, non essendo coperta in nessun modo dal Sistema Sanitario Nazionale, sottolineando che la garanzia di una contraccezione gratuita ed accessibile sia prevista dalla legge sin dagli anni Settanta.
Un problema evidenziato durante la contestazione ai danni di Boldrini lo scorso Settembre.
Parlare di sola educazione sessuale non è più sufficiente.
Se da una parte rimane fondamentale conoscere la parte “tecnica” (tipologie di contraccettivi in commercio, malattie sessualmente trasmissibili esistenti, funzione dei consultori ecc…), dall’altra si fa evidente l’esigenza di un approccio multidisciplinare che possa inglobare la sfera emotiva, sociale e culturale dei ragazzi.
Le tematiche da affrontare ricalcano alla perfezione quelle affrontate nel piccolo schermo con Sex Education, un vasta gamma di argomenti non solo sessuali, ma di rilevanza etico-culturale.

La mancanza di confronto su tali argomenti è componente fondamentale di un malessere sociale che alimenta tensioni nei rapporti di genere.
Due numeri: tra le vittime dei 295 omicidi del 2021, 118 sono donne, di cui 102 assassinate in ambito familiare/affettivo ed in particolare 70 per mano del partner o ex partner.
“E’ fondamentale parlare di educazione sessuoaffetiva, e non sessuale, perché non è solo conoscenza del proprio corpo, ma anche dei propri diritti.”
Flavia Restivo, classe 1995, ha lanciato insieme ad Andrea Giorgini e Isabella Borrelli una petizione per inserire l’educazione sessuale, affettiva e la parità di genere obbligatoria nelle scuole superiori di Roma e della Regione Lazio, coinvolgendo psicologi, divulgatori, sessuologi ed altri esperti del settore.
“La disuguaglianza tra uomo e donna, i femminicidi e l’omotransfobia sono tutti problemi legati a scarsa cultura e sensibilizzazione, che non può che essere fatta nelle scuole.”
La chiave culturale
Il problema è definito, non resta che iniziare. Si tratta di dare una svolta sia medico-sanitaria che culturale alla società moderna, senza passare da interventi senza alcun fondamento come gli sportelli pro-vita all’interno degli ospedali, ma mettendo sul tavolo interventi per la salvaguardia della Salute, diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività.
Questa rivoluzione culturale ha origine dai ragazzi, ma non deve procedere solitaria, il coinvolgimento degli adulti si rende necessario affinchè il seme del cambiamento possa attecchire come deve.
La morale torna sempre nella sua semplicità: non finiamo mai di imparare.
Commenti
Bellissimo articolo! Mi piace molto..bravo